01 Dec Le ragazze portano gli occhiali da sole (se la montatura non è troppo pesante)
“Buongiorno Professore!” esclamò facendo capolino dalla sua tenda il dottor Corvaglia, quell’uccellaccio del malaugurio del dottor Corvaglia.
Scosso dalla voce del dottor Corvaglia mentre replicava “Buongiorno dottore!” Giorgio Pazzaglia, il professor Giorgio Pazzaglia, ordinario di Malattie Mentali alla Sapienza, ebbe d’impulso il riflesso di toccarsi le parti intime. Al solo pensiero provò un piccolo brivido di piacere subito sommerso però dall’ondata di imbarazzo che lo assalì nell’accorgersi che non aveva più parti intime, o meglio, aveva sì le parti, ma non erano più intime da quando aveva deciso di provare l’esperienza della vacanza nel campeggio naturista.
Superato che ebbe quel breve momento di imbarazzo, seduto nella verandina della sua tenda riprese a bere il caffè mattutino che, ne era convinto, avrebbe aiutato il suo intestino a superare l’imbarazzo di quel momento, dovuto forse al cambiamento di clima o alla condizione di nudità per lui ancora imbarazzante, appunto.
Ormai però la frittata era fatta, il saluto del Corvaglia, prima persona incontrata quella mattina, gli faceva presagire una giornata no, beh forse non una giornata al più una mezza giornata no, non una mezza giornata, in effetti una intera giornata no, no, forse solo una mattinata però un po’ storta, una matta mattinata, una mattinata nata male e destinata forse a finire non troppo bene.
La corroborante tazza di caffè se pure non ebbe un effetto immediato sul suo infingardo intestino, lo aiutò però a scuotersi dalla momentanea crisi di fatalismo superstizioso. Non che Giorgio Pazzaglia fosse veramente superstizioso o fatalista, anzi era un convinto razionalista cartesiano, cosa che faceva parte del suo dovere di scienziato. In particolari momenti però, così come nei momenti di debolezza, ricadeva nel trip di fantasticare sugli eventi più insignificanti rivestendoli di significati sovrannaturali interpretandoli come segni premonitori, o anche di affidarsi a piccoli rituali scaramantici.
Questo era forse il retaggio in parte di una infanzia segnata da una profonda educazione religiosa e in parte della sua fervida immaginazione.
Così si accorse che l’esperienza naturista, mettendo a nudo il suo corpo ed esponendolo ad una serie di piccole ma fastidiose scomodità, riusciva a mettere a nudo anche le debolezze della sua personalità e a minare le sue sicurezze.
2.
La cosa più scomoda della vita da nudista è il fatto che non avendo vestiti non si hanno tasche. Così portarsi in giro un oggetto anche molto piccolo può essere veramente disagevole. Il professor Pazzaglia ad esempio, che aveva l’hobby della lettura e che, come ogni anno, si era portato in vacanza un po’ di libri, per la prima volta poté rendersi conto di quanto le edizioni tascabili siano discriminatorie nei confronti del lettore-vacanziero-naturista.
Il cruccio di quella mattina comunque si rivelò non essere legato ai libri, per quelli si era rassegnato ad usare il sacchettino di plastica della spesa nel quale vide con grande soddisfazione che poteva infilare insieme con il libro anche qualche cosa da mangiucchiare o da bere e qualche accessorio. No non era quello il problema, il problema era che non trovava i suoi occhiali da sole e nemmeno si ricordava più dove li aveva lasciati.
Frugò in valigia, perlustrò la tenda… nulla.
Pensò di averli lasciati in auto e così, immerso nei suoi pensieri, si diresse al parcheggio convinto di avere le chiavi dell’auto in tasca. Arrivato alla macchina si dette dell’imbecille e tornò sui suoi passi bofonchiando – maledetto nudismo – bofonchiò, e più a lungo del solito, ci prese gusto a bofonchiare, si crogiolò nel suono tondo e soffiato del bofonchiare. Così bofonchiante giunse alla tenda, afferrò le chiavi e di nuovo tornò sui suoi passi, ci si rituffò, sui suoi passi seccato, veramente seccato, con la salivazione azzerata dall’eccessivo bofonchiare nel suo primo tornare sui suoi passi.
Arrivato finalmente alla macchina la aprì e cominciò ad esplorare: un’occhiata ai sedili, al cruscotto, poi pensò “il vano portaoggetti, certo!”.
Aprì e cercò nel vano portaoggetti: nulla. “D’altronde” pensò “se codesto portaoggetti è veramente vano come dicono non può che essere perfettamente inutile!”.
Richiudendolo si rese conto ancor di più della vanità di quel portaoggetti osservando le fasce in finta radica con cui era rifinito.
Intanto incominciava a radicarsi in lui la convinzione di averli persi sulla spiaggia, quei maledetti occhiali.
Per un attimo lo sfiorò anche l’idea del furto, che però scartò subito considerando lo scarso valore degli occhiali e il fatto che per un nudista nascondere la refurtiva può essere un serio problema. Comunque il pensiero dell’unica cavità “naturale” abbastanza capace e recondita, ancorché scomoda, a disposizione del ladruncolo “nature” per l’occultamento dell’occhiale avrebbe scoraggiato chiunque a volersi ancora servire dell’accessorio una volta recuperato.
Tornò alla tenda. Rifrugò nella valigia.
Va pur detto che “frugare” è un verbo fin eccessivo per le esigenze di una valigia da nudista: saponetta, spazzolino e dentifricio, qualche asciugamano, qualche fazzoletto…ma degli occhiali nessuna traccia…
Ebbe un attimo di sconforto e si stese per riflettere.
Non poteva averli persi, quegli occhiali, doveva averli riposti in un angolo che ora non ricordava; inutile agitarsi per un semplice accessorio che avrebbe inoltre reso ancor più ridicolo il suo nuovo look adamitico, un oggetto non di vitale importanza, forse solo una comodità in più… Tra l’altro era stato incerto sul portarli o lasciarli a casa “Chissà” aveva pensato “forse i nudisti più intransigenti potrebbero aver qualcosa da ridire. Uno incomincia con la preoccupazione di proteggersi gli occhi dal sole, da lì alla preoccupazione della pelle più delicata in alcune parti del corpo, poi la biancheria per ragioni igieniche e così via, il naturismo va a farsi benedire!”; ma poi al diavolo i nudisti, doveva anche guidare sotto il sole e, insomma, potevano fargli comodo e così si era portato gli occhiali da sole.
3.
“Gli occhiali da sole – rifletté – mi pare che nemmeno vadano più tanto di moda”.
Poi si ricordò delle ragazze del suo corso, alla Sapienza, loro sì portavano gli occhiali da sole, certo se la montatura non era troppo pesante… Da sole, ma in compagnia no, con i coetanei al bar preferivano il lieve disagio di una miopia professionale, oppure le lenti a contatto, ma non portavano gli occhiali in compagnia, sole o al sole sì, ma non in compagnia… sole o in compagnia? …e si ricordò degli antichi confessori che passando in rassegna i peccati capitali alla voce “lussuria” aggiungevano la domanda fatidica: solo o in compagnia? …In fondo i problemi religiosi spesso non sono altro che problemi di conflitti generazionali, di non comunicazione tra lingue diverse: il termine lussuria nel moderno italiano intriso di inglese degli spot e della tecnologia si attaglia più agli optional di qualche auto costosa che al peccato della carne, così come accidia, anche in lui, aveva sempre evocato l’immagine di un serial killer tipo Jack lo squartatore piuttosto che quella di un qualunque cristiano poco incline alle pratiche, ancorché ligio alle teorie… eh sì, val più la pratica, della grammatica! ripeteva spesso sua suocera, che non aveva forse mai letto un libro in vita sua, ma era certo il tipo che almeno un libro l’avrebbe scritto, solo ne avesse avuto il tempo… se non altro per denunciare l’inutilità di tutti gli altri libri e per dimostrare quanto la pratica sia di gran lunga preferibile alla teoria. Il paradosso, di cui non si rendeva conto la signora è che, una volta enunciata, questa sua convinzione si staccava dalla pratica da cui era dedotta, e in quanto deduzione diveniva magicamente e tragicamente una teoria e a quel punto inutile, o comunque di gran lunga inferiore alla pratica…
Giorgio Pazzaglia restò a lungo così, immerso nei suoi pensieri, fino a dimenticarsi degli occhiali.
Si ridestò da questo stato di torpore un po’ stranito, si alzò e uscì dalla tenda deciso ad andare a farsi un bel bagno per riprendersi.
4.
“Buongiorno, professore!” fu la voce che udì Giorgio Pazzaglia, il professor Giorgio Pazzaglia, ordinario di Malattie Mentali alla Sapienza, mentre qual venere sorgeva dalle acque, sì, insomma mentre, finito il suo bagno, correva ad asciugarsi sulla spiaggia. “Di nuovo lui, quell’uccellaccio del malaugurio del dottor Corvaglia!” Ebbe appena il tempo di pensare, e alzando lo sguardo vide il dott. Corvaglia avvicinarsi e dirgli con tono di amichevole rimprovero: “Professore sono suoi vero questi occhiali da sole? Me li ha consegnati poco fa il cameriere al bar. Deve averli dimenticati lì ieri sera, dopo cena…ah voi professori, sempre con la testa fra le nuvole!”